C’era una volta una casa sporca. Così sporca che l’amministratore di condominio decise di intervenire per farla pulire. Ma dovette chiedere una mano agli altri condomini perché la spazzatura accumulata era davvero troppa. Non tutti furono felici di seguire le indicazioni dell’amministratore, lamentandosi per il comportamento del condomino poco pulito, ma l’emergenza era tale che sarebbe stato irresponsabile tirarsi indietro. Certamente lasciar accumulare in questo modo la spazzatura dentro la propria casa non va bene: furono presi provvedimenti perché non accadesse più. Ma non si poteva restare a guardare i cumuli di spazzatura.
Quanto che sta accadendo in questi giorni con quelle 300 mila tonnellate di spazzatura accumulata a Napoli impone, brutalmente, alcune riflessioni.
In primo luogo l’emergenza rifiuti non è un meteorite piovuto dal cielo. Esistono gravi responsabilità: a vari livelli e in modi diversi, diverse cause hanno concorso nel determinare questa situazione. E non si tratta di un problema superficiale, se è vero che i rifiuti, al pari dell’acqua e dell’energia, sono i temi caldi del secolo, per tutto il pianeta. E, come rileva l’acuta analisi di Roberto Saviano (“Imprese, politici e camorra, ecco i responsabili della peste” La Repubblica, 5 gennaio 2008): “Gli ultimi dati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità mostrano che la situazione campana è incredibile, parlano di un aumento vertiginoso delle patologie di cancro. Pancreas, polmoni, dotti biliari più del 12% rispetto alla media nazionale. La rivista medica The Lancet Oncology già nel settembre 2004 parlava di un aumento del 24% dei tumori al fegato nei territori delle discariche e le donne sono le più colpite. Val la pena ricordare che il dato nelle zone più a rischio del nord Italia è un aumento del 14%.”
In secondo luogo questa di Napoli sarà una lezione per tutti: senza raccolta differenziata non si va da nessuna parte.
Non dimentichiamo, infine, che non viviamo in un sistema chiuso, ciascuno nella propria città. Esportiamo e importiamo continuamente aria, acqua, cibi, persone, malattie e rifiuti. Per questo appare abbastanza insensata la protesta di chi non vuole aiutare a ripulire una città. Non possiamo, onestamente, storcere il naso per qualche tonnellata di rifiuti in più. Sarebbe come se, in una stanza, si chiedesse agli altri di non respirare. Certo, si può chiedere di evitare emissioni gassose di natura fisiologica o di non fumare, ma il respiro non si può negare a nessuno.
Nella regione in cui abito, la Sardegna, accoglieremo circa 5 mila tonnellate di rifiuti campani. Una quantità pari a quella prodotta dall’intera isola in due giorni. Senza contare che i nostri rifiuti speciali, non smaltibili in loco, varcano il mare e vengono spediti in altre regioni. In Sardegna, grazie alla raccolta differenziata, dal 2004 al 2007 il quantitativo di rifiuti prodotti si è dimezzato. E le ultime stime danno la mia regione al primo posto al sud Italia per la raccolta differenziata (i dati aggiornati – Rapporto rifiuti 2007 – saranno presentati il 6 febbraio nella sede dell’Agenzia per la protezione dell’Ambiente (Apat). La quota che smaltiremo noi non mi sembra affatto preoccupante. Proprio perché non viviamo in un sistema chiuso.
Andrea Mameli, Cagliari, 12 gennaio 2008
P.S. Ho sentito voci di dissenso, rispetto alla decisione di accettare rifiuti napoletani, da parte di esponenti politici della mia città. Qualcuno ha parlato di cattiva immagine per Cagliari e per la Sardegna. A mio modesto parere la cattiva immagine non la fornisce certo l’aver accolto aliga (il nostro modo di dire spazzatura) prodotta da altri. La forniscono invece altri atteggiamenti, come quello rilevato da BBC News: Arrests in Sardinia waste clashes: Six protesters have been arrested in Sardinia after clashes with Italian police over tonnes of rubbish shipped to the island from Naples o da Al Jazeera: Al Jazeera: Violence in Sardinia over rubbish.
P.S. 2 Le proteste contro i rifiuti provenienti da Napoli costituiscono un caso da manuale del cosidetto effetto NIMBY (Not In My Back Yard): cioè fate pure le discariche, i termovalirizzatori, gli inceneritori, tutto quello che serve purché non lo facciate nel mio giardino (o letteralmente nel cortile sul retro di casa). Si tratta a mio avviso di proteste largamente ingiustificate, frutto di scarsa conoscenza dei fatti. Ma uno dei problemi risiede proprio in questo deficit di comunicazione. E lo scarso coinvolgimento delle popolazioni e degli amministratori locali (e le contemporanee, colpevoli, azioni di disinformazione) hanno ingigantito il problema. Ancora una volta paghiamo il prezzo di non aver considerato importante comunicare (i fatti, la scienza, il rischio, le cifre) e così chi intendeva cavalcare la protesta ha avuto gioco facile.
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